Metafora
Il termine ‘metafora’ è di origine greca, deriva dal verbo ‘metafèro’ – ‘trasferisco’; con esso si intende ‘la sostituzione di un termine proprio con uno figurato in seguito ad una trasposizione simbolica di immagini’ (Dizionario della lingua italiana Devoto – Oli).
Come nella lingua, in matematica il termine viene usato per rendere trasparente o esaltare il significato di un processo o di un oggetto in un determinato contesto facendo riferimento ad un altro termine più familiare e operando un trasferimento di significato – e quindi un adattamento – da quest’ultimo contesto a quello iniziale.
Quanto più la metafora è significativa, tanto più è un mediatore potente. Allo stesso tempo, però, è opportuno tenere presenti anche i suoi limiti, nascosti proprio nella sua potenziale efficacia. Ne poniamo in evidenza due.
Un mediatore, quanto più è significativo, tanto più è potente; allo stesso tempo, però, è opportuno tenere presenti anche i suoi limiti, nascosti proprio nella sua potenziale efficacia. Ne poniamo in evidenza due.
1) La ricerca mostra come sia possibile che si verifichino delle interferenze fra le caratteristiche intrinseche del mediatore e quelle che esso acquisisce quando entra a far parte di una metafora. Ad esempio nelle attività con i fregi e le collane sulla ricerca di regolarità, nell’usare lo stampino (o timbro) di una cornice (noti all’alunno sin dalla scuola materna) come mediatori per far comprendere il modulo di una successione, di fatto con questi quattro elementi impostiamo una ‘proporzione’: il timbro sta alla cornice come il modulo sta alla successione. Ma, per poter divenire parte attiva della metafora, il timbro e la relativa cornice devono in qualche modo perdere le loro caratteristiche originali, per poter divenire ponte verso una nuova conoscenza (il concetto di regolarità di una successione). Fintantoché questa necessaria ristrutturazione del campo non avviene, i mediatori possono anche finire per svolgere il ruolo di distrattori e opacizzare quindi le potenzialità della metafora come strumento di conoscenza. Nell’esempio riportato le caratteristiche della cornice – legate all’aspetto estetico, e quindi al piacere di progettare un oggetto concreto e alla sensazione di poter giocare liberamente con la propria fantasia e la propria creatività – possono indurre negli alunni (soprattutto, ma non solo, nei più giovani, come testimoniano alcuni diari) una concentrazione eccessiva sugli aspetti concreti del mediatore a scapito di quelli concettuali che esso avrebbe dovuto veicolare.
2) Il secondo aspetto, collegato al precedente, può manifestarsi, ad esempio, nel lavorare con uno strumento come la bilancia e con le rappresentazioni ad esso collegate (vedi Unità 6). Si è visto come, mantenendo un contatto eccessivamente prolungato con il mediatore, l’insegnante rischi di condizionare gli alunni e di condurli ad un uso rassicurante per loro dell’oggetto concreto, che però li blocca nell’evoluzione sia del pensiero che del linguaggio.
Il mediatore, in altre parole, rischia di divenire un blocco o di trasformarsi in uno stereotipo. Per molti aspetti queste considerazioni sono analoghe a quelle sviluppate a proposito della persistenza semantica.
In conclusione: la metafora può essere utile come provvisorio strumento pedagogico per amplificare schemi pre-esistenti fornendo loro collegamenti semantici fra una conoscenza strutturata e informazioni nuove. Si invita a ricorrere quindi all’efficacia di mediatori e metafore, quando se ne presenti l’occasione o la necessità, e all’occorrenza anche di riutilizzarli a distanza di tempo, ma di staccarsene comunque quanto prima per non creare stereotipi negli allievi attraverso un’enfasi eccessiva data a tale supporto, non appena si comprenda che essi hanno consentito di raggiungere lo scopo per il quale erano stati introdotti, per non creare stereotipi negli allievi attraverso un’enfasi eccessiva data a tale supporto.